È considerato una delle massime autorità scientifiche nel settore dell’elettronica e degli embedded systems, il Prof. Alberto Sangiovanni-Vincentelli mi riceve nella sua bella casa sulle colline di Berkeley per discutere del funzionamento di una Università di eccellenza, di come tutto ruoti qui, nella Baia di San Francisco, intorno alle due maggiori Università, Berkeley e Stanford, dalla Finanza, alle startup, al trasferimento tecnologico. In una parola, di come funziona l’ecosistema della Silicon Valley.
La discussione si fa molto interessante e decidiamo di proseguire l’indomani mattina davanti ad un caffè nell’albergo nel quale sono ospite.
ESC: può spiegare in grandi linee come funziona una Università come Berkeley e le differenze rispetto al sistema universitario italiano?
ASV: ho un’esperienza non completa e non diretta delle Università italiane. Sì, mi sono laureato al Politecnico di Milano nel ’71, sono diventato professore incaricato nel ’74, ma già nel ’75 mi sono trasferito a Berkeley. Ho mantenuto intensi rapporti con l’Italia e spesso sono stato chiamato a fare cicli di lezioni in diverse Università italiane, da Milano a Torino, Roma, Pisa, Genova, Pavia. Ma non ho mai dovuto subire la burocrazia che, mi dicono i miei colleghi italiani, è spesso molto pesante. Il punto fondamentale della differenza del sistema universitario americano rispetto a quello italiano è che quello americano è basato sulla completa autonomia e indipendenza delle singole Università. In ogni settore disciplinare c’è un insieme di Top Universities. Ma c’è anche una lista di Università che sono globalmente al top; e queste sono quelle di cui si sente parlare spesso e che vengono indicate come top dai rankings pubblicati da varie istituzione: Harvard, MIT, Berkeley, Stanford, CalTech, Princeton, Yale… In America nessuno si sogna di dire che tutte le Università sono uguali o devono essere uguali.
I finanziamenti, sotto forma di grants per la ricerca, di contributi privati e di donazioni vengono cercati attivamente con molta fatica, ma è anche vero che alle Top Universities i finanziamenti non mancano proprio perché sono grandi attrattori di interessi pubblici e privati. Una delle principali fonti economiche per le Università private sono gli endowment, fatti da privati, tipicamente ex-studenti diventati imprenditori o persone di successo nei campi più disparati. Ad esempio, un gruppo di ex-studenti di Berkeley che ha fondato anni fa un’industria di successo, la Marvel, ha donato più di 20 Milioni di dollari a Berkeley per costruire un edificio che ospita un gruppo di professori e studenti che studiano le applicazioni della information technology su temi socialmente rilevanti. Un forte incentivo alle donazioni è il sistema fiscale americano che penalizza il passaggio della ricchezza ai propri discendenti. Ma i donatori, così come le imprese, vogliono legare il proprio nome a laboratori e dipartimenti che fanno dell’eccellenza su tutti i livelli la loro bandiera: eccellenza implica grande capacità di attrazione di studenti, professori e ricercatori eccellenti… l’eccellenza richiama eccellenza. È un sistema fortemente competitivo.
ESC: e rispetto al sistema universitario italiano?
ASV: La differenza più forte rispetto all’Italia è proprio questa: in Italia si è progettato un sistema universitario, coordinato a livello governativo, che in principio è fortemente egalitario: stesso stipendio, stessi diritti e doveri, stesso sistema di promozioni in ogni sede. Il sistema ha chiaramente i suoi vantaggi ma in tempi di risorse scarse si rischia di appiattire tutto verso il basso. Qui è tutto rovesciato, anche in una Università pubblica come Berkeley che è un campus della Università della California, noto anche per la sua caratterizzazione di sinistra. Eppure anche all’interno della stessa Berkeley i professori guadagnano in maniera differente in funzione addirittura del settore di appartenenza: i professori di Ingegneria, Business Administration e Law hanno una scala retributiva diversa dal resto dei professori per essere in grado di competere con gli studi professionali e le imprese per i migliori talenti. Il sistema di promozioni è simile ma non uguale nelle Università di spicco. Si tende sempre a premiare il merito per far sì che i migliori non lascino. Ma il merito è difficile da giudicare e non è basato soltanto su metriche obiettive solo in apparenza come gli indicatori bibliografici che sono sì uno dei parametri che fanno parte del giudizio ma non bastano: servizio alla società, attività industriali e di consulenza, insegnamento e introduzione di nuovi corsi, valutazione ragionata da parte di colleghi di grande fama, tutto questo deve entrare nel giudizio complessivo.
ESC: come funzionano i processi di technology transfer in questo contesto?
ASV: io personalmente penso che la tecnologia non si trasferisce: si fa insieme. Bisogna impegnarsi in prima persona per far in modo che le imprese e la società in generale riescano ad usufruire al meglio del lavoro Universitario. Per essere efficaci in questo percorso è anche necessario sporcarsi le mani, mettere in piedi iniziative imprenditoriali legate alle proprie attività di ricerca. Prendiamo ad esempio il mio caso: da ricerche algoritmiche con forte connotato teorico sono riuscito a cambiare insieme ad alcuni colleghi come si progettano sistemi integrati. Ma per far questo siamo stati fortemente incoraggiati dalle Electronic Companies a fondare Imprese che, in questo settore, sono diventate leaders ricono-sciute a livello internazionale. Come ho fatto a trasferire il know-how a queste Imprese? Attraverso le persone che lavo-ravano con noi. E con loro abbiamo costituito, prima nell’82, Cadence, e poi nell’87, Synopsys, la prima a San Jose e la seconda a Mountain View che, dopo qualche anno sono state quotate in borsa e che oggi occupano oltre 10.000 persone e valgono complessivamente circa 12 miliardi di dollari sul mercato azionario. Peraltro, il mio interesse è ed è sempre stato nella ricerca. Per cui non ho mai lasciato l’Università anche dopo aver fondato queste imprese a costo di ricevere una percentuale di azioni limitata. La soddisfazione di inventare e tentare continuamente di aver un impatto sul mondo non ha prezzo.
ESC: come vengono visti a Berkeley i fondatori di Imprese innovative?
ASV: vengono visti in maniera molto positiva. Molti professori hanno sviluppato la propria idea imprenditoriale e questa è un’attività che è valutata come fattore importante nella promozione dei professori. Ci sono dei limiti al tempo dedicato alle imprese, ovviamente, per far sì che un professore continui a fare la propria attività principale all’interno dell’Università. La regola seguita a Berkeley è che un professore non può spendere più di un giorno alla settimana in attività esterne.
Stanford e Berkeley sono inserite nell’ecosistema della Silicon Valley e quindi accedono con una certa facilità agli investitori e al sistema finanziario che qui è molto forte e selettivo. Le nuove Imprese hanno modo di svilupparsi attraendo le migliori risorse del territorio e mettono i loro prodotti a disposizione del sistema economico. Le grandi imprese utilizzano questi risultati per migliorare ma spesso innovano al loro interno acquisendo le nuove imprese e il volano economico continua a girare in maniera positiva.
La conversazione finisce qui, è stata molto istruttiva e mi ha fatto comprendere quanto distante sia il nostro mondo rispetto a questo.
A proposito: se venite da queste parti non chiedete dov’è la Valley: non la troverete, non c’è una vera e propria valle.