La morte di mio fratello Paolo mi ha salvato la vita.

Da sinistra: Emilio, Paolo e Lucio Sassone Corsi durante i festeggiamenti per il matrimonio di mia figlia Martina avvenuto il 3 settembre 2016 ad Amalfi. Uno dei tanti momenti felici.

Paolo Sassone Corsi, mio fratello minore, è morto il 22 Luglio scorso per un attacco fulminante di cuore che lo ha colto, senza nessun preavviso, alle tre di notte nella sua bella casa a Laguna Beach, in California.  Paolo è stato un importante scienziato della biologia molecolare e dirigeva il Centro di Epigenetica e Metabolismo dell’Università della California Irvine.  Per comprendere meglio quale scienziato è stato Paolo qui si trova un bell’articolo pubblicato sulla rivista Cell e firmato da tre dei suoi colleghi più stretti. 

Il 22 Ottobre scorso, a distanza di 3 mesi esatti da questo tragico evento, sono stato operato al cuore per un doppio bypass coronarico.  Ne parlo perché l’operazione è riuscita perfettamente ed oggi sono nel reparto di cardiochirurgia dell’Ospedale Sant’Andrea di Roma per iniziare a fare la  terapia post-operatoria. 

A seguito della morte improvvisa di Paolo, Lucio, mio fratello maggiore, ed io, abbiamo deciso di fare alcune analisi specifiche per capire se anche noi potevamo essere soggetti a questo tipo di infarto, se c’era familiarità.  Ci siamo rivolti ad un bravo cardiologo, il Prof. Andrea Ferrucci, il quale ci ha consigliato di fare una scintigrafia a riposo e sotto sforzo.  Da questo esame è risultato che probabilmente il mio cuore ha una coronaria con una stenosi rilevante.  Fortunatamente dalle analisi fatte a mio fratello Lucio non ci sono cattive notizie.  Per il mio cuore invece è necessario fare un’analisi molto più accurata attraverso una coronografia e probabilmente l’applicazione di uno stent, un palloncino che allarga il punto di strozzatura della coronaria e ristabilisce l’equilibrio.

Entro al Sant’Andrea per fare la coronografia. Si fa da svegli per cui sul monitor si vede la sonda che, inserita sul polso, arriva al cuore e ispeziona tutta la zona grazie ad un liquido di contrasto. I medici si consultano al termine dell’esame e mi informano che non si può applicare uno stent perché non è la coronaria ad essere compromessa, bensì il tronco arterioso comune da cui si dipartono due coronarie, e l’ostruzione è proprio lì, nel punto di diramazione.  L’ostruzione è al 90% ed è fortemente a rischio. In giorni, settimane, mesi, non anni, potrebbe definitivamente chiudersi e bloccare improvvisamente il cuore, esattamente come è accaduto al cuore di Paolo.  Dopo due giorni, ero in sala operatoria, il giovane e brillante Dr. Fabio Capuano ha eseguito per quattro ore l’operazione, che per loro è di routine. È stato necessario fermare il cuore, utilizzare la macchina cuore-polmone, aprire la cassa toracica, utilizzare l’arteria mammaria e la vena Safena (che è nella gamba) per realizzare i due bypass, richiudere il tutto e far ripartire la macchina. Insomma: sarà anche routine ma quando queste cose si fanno sul proprio corpo, non è proprio una passeggiata.

Al termine dell’intervento mi portano nel reparto di terapia intensiva.  Per quattro giorni sono stato monitorato continuamente. In un reparto che può contenere al massimo 7 persone in terapia, si sono alternate circa 20 persone tra dottori, infermieri, ausiliari. Ricorderò a lungo i rumori dei vari sensori che suonavano ogni qualvolta c’era un problema, con suoni diversi a seconda del tipo di problema, i passaggi di consegne tra dottori e infermieri dei vari turni, i continui prelievi di sangue, l’enorme quantità di cambi di guanti tra un’attività e un’altra, gli straordinari materassi gonfiabili antidecubito, l’attenzione esasperata delle infermiere, sempre accanto per gestire ogni più piccolo problema.  Un vero spettacolo! Una macchina da guerra, anzi di salute. 

In conclusione, un grazie esagerato a mio fratello Paolo, senza il quale non mi sarei mai più di tanto preoccupato, chissà perché il caso ha scelto lui. Forse però poteva mandarmi un messaggio meno eclatante…

Viva la Sanità Pubblica Italiana.  È un’organizzazione che funziona meravigliosamente e, almeno nel mio caso personale, mi ha letteralmente salvato la vita. Spero che le altre strutture pubbliche abbiano l’obiettivo di tendere all’eccellenza come nel caso del Sant’Andrea.

Infine: prevenzione. L’unica cosa che ci può salvare da simili situazioni è anticipare i tempi, verificare prima quello che potrebbe accadere. Tocca a tutti noi, soprattutto da una certa età in avanti.  In parallelo serve un’attività di Ricerca per rendere sempre più semplici le attività di analisi e diagnosi.

Roma, 27 Ottobre 2020

Emilio Sassone Corsi

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